Un po' di ……… numeri

L’America (quella settentrionale) conta una popolazione di circa 430 milioni di abitanti ed una estensione territoriale di circa 23 milioni di chilometri quadrati; l’Unione Europea, invece, ha una popolazione di poco inferiore ai 500 milioni ed una estensione territoriale di soli 4 milioni di chilometri quadrati. Se guardiamo l’intero continente europeo, la popolazione sfiora gli 800 milioni di abitanti e la superficie aumenta a circa 10 milioni di chilometri quadrati. Sulla base di questi numeri viene da dire che siamo più “ricchi” noi, se è vero (come lo è stato per secoli) che la risorsa umana prevale sulle risorse materiali, quelle definite “ricchezze”.


Guardiamo l’Asia… L’Asia tutta (centrale, occidentale ed orientale) ha una superficie di circa 50 milioni di chilometri quadrati ed una popolazione di … 3,7 miliardi di persone. Verrebbe quindi da dire, sono (e lo saranno sempre più) più “ricchi” loro. La crescita mondiale è determinata dall'andamento e dalle strategie sociali ed economiche dei paesi emergenti e sempre meno dai paesi cosiddetti “industrializzati”. La stessa “intelligenza” sarà riconsiderata perché, aumentando l’ “offerta di cervelli” ne diminuirà per l’appunto il valore. Per questo, temo che nei prossimi decenni non sarà più possibile limitarsi a tali semplici considerazioni. La popolazione mondiale, agli inizi dell’800, raggiunse il primo miliardo di abitanti; nel 1900 contava 1,6 miliardi; dagli anni ’70 in poi cresce di circa un miliardo ogni 14 – 12 anni. Oggi siamo circa 7 miliardi ed è previsto che si raggiungano i 9 miliardi tra circa 30 anni. Oltre il 60% della popolazione mondiale vive in Asia.

Se questi sono i fondamentali su ragionare (e grosso modo lo sono), ci appare evidente quanto siano inadeguate le politiche sociali ed economiche degli Stati membri europei, quanto limitate, nel tempo e nell'efficacia, le misure dettate dal ponte di comando dell’UE. Non c’è, non si vede ancora, un pur necessario quadro d’insieme di norme fondamentali idonee, se non a regolare la vita globale quanto meno a condizionare, favorire, una crescita, magari moderata ma sostenibile per tutti. L’Italia soffre del divario nord – sud; l’Europa soffre del divario tra nord e sud; l’intero pianeta soffre di questo “spread” (per usare un termine moderno) geografico eppure non si riesce in nessun angolo del mondo a trovare politiche perché se ne esca. Passando dal generale al particolare, volendo fare il punto sullo stato dell’arte del nostro “orticello Italia” val bene spiegare con altri numeri alcuni elementi. L’Italia conta 60 milioni di abitanti, gode di un sistema pensionistico elaborato quando, per ogni prestazione erogata, vi erano 5 lavoratori in attività. C’era quindi un rapporto di 1 a 5. Alla fine degli anni '70, tale rapporto era di 1 a 3 (una prestazione ogni 3 lavoratori); oggi, il rapporto è di 1 a 1 se è vero che le prestazioni pensionistiche ammontano a circa 20 milioni ed i lavoratori (solo il 50% di quelli che potrebbero esserlo) sono circa 22 milioni compreso il settore pubblico. Leggendo e scavando tra i numeri, possiamo anche dire che se aggiungiamo l’intero sistema assistenziale (non solo quello previdenziale) il rapporto è addirittura negativo. Il rapporto cioè, è di 2 a 1, se è vero che su 60 milioni di abitanti, un terzo vive di pensione, un terzo di lavoro ed un ultimo terzo, che comunque ha il diritto di mangiare, curarsi, studiare, ecc… (rappresentato dagli inoccupati, dai figli, dalle casalinghe), resta in qualche modo, direttamente a carico di chi lavora o indirettamente attraverso lo stato. Può dirsi sostenibile questo stato di cose? Non credo. Almeno non a lungo.

A quali considerazioni voglio giungere. Alle stesse già pronunciate dal Papa. Poche parole ma efficaci. Servono REGOLE GLOBALI. Regole da cui siamo ancora ben lontani se, come i fatti quotidianamente ci dimostrano, non riusciamo a dare un assetto politico e sociale al continente europeo e nemmeno al nostro stesso Paese.

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