L’Europa? Liquida.

L’Europa Unita, quella che tutti vorremmo e richiamiamo nei discorsi di tutti i giorni ma che riusciamo ad identificare solo secondo personali ideologie, desideri e utopistiche immaginazioni, in realtà, proprio perché tanto approssimata ed imperfetta ancora non c’è.


E’ presente nell’immaginario collettivo attraverso simboli forti, quali la bandiera unica dei popoli europei, lo è attraverso Istituzioni che per antonomasia dovrebbero appartenere ad organismi di governo “sovrani” ma che nella realtà risultano blande, inadeguate al punto che mi riportano al concetto della liquidità del filosofo moderno Bauman.
E tant’è, con l’esperienza dell’attuale crisi economica, l’Unione Europea ha infatti mostrato tutta la sua fragilità e inadeguatezza.
C’è un Parlamento Europeo che non può decidere misure efficaci senza che ci sia il benestare  dello Stato economicamente (e quindi finanziariamente) più forte. C’è una Banca Europea che non batte moneta ma che avoca a se la politica monetaria. C’è un Consiglio Europeo troppo condizionato e proiettato a salvaguardare gli interessi del più forte laddove la controparte più forte non è solo la Germania ma anche e soprattutto i Mercati.

I Mercati.
A qualsiasi ora del giorno e della notte, i media mondiali ci propinano una tensione grave ed allarmistica sull’andamento dei mercati.
Vengono genericamente richiamati con questo nome ma in realtà tale termine è riferito ai mercati finanziari e non già a quello altrettanto ed ancor più essenziale degli scambi.
L’andamento dei mercati finanziari è naturale conseguenza dei mercati economici, quelli reali, quelli degli scambi, ma proprio sulla natura dei mercati nasce, a parer mio, una prima e fondamentale prognosi equivoca che porta a diagnosi errate della crisi e quindi al fallimento delle conseguenti terapie.
All’origine è il mercato degli scambi, che per semplicità definirei il mercato solido (perchè susseguente alla produzione di beni e servizi)  a generare ed alimentare il mercato finanziario che di contro qui definisco mercato liquido. Così dovrebbe essere ed in alcune grandi aree del  mondo, in quelle dove la crescita ha costanti indici positivi (vedi ad es. i Paesi del medio ed estremo oriente) ancora lo è.
L’ attenzione spasmodica verso i mercati finanziari (liquidi), piuttosto che verso i mercati degli scambi (solidi), mi pare sia oggi in rapporto di 4/6. Tutto ciò oltre che inutile mi appare anche innaturale. E’ come voler adottare terapie per salvaguardare lo stato di salute di un feto ignorando quello in cui versa la donna gravida.
La costante pratica delle manovre restrittive (quali la limitazione alla circolazione del danaro), quando non repressive (per es. blocco delle pensioni per 1 2 3 anni in Italia, il taglio degli stipendi in Spagna e Grecia) e politiche fiscali tanto importanti quanto pericolose (aumento dell’imposizione in questa o quella area dell’euro), per poter generare effetti positivi sui mercati finanziari devono incidere pesantemente sull’economia reale. Così facendo, nell’immediato non si fa altro che produrre  ulteriore distrazione di risorse dall’economia reale “solida” in favore di interessi finanziari straordinari, abnormi fin che si vuole ma comunque “liquidi”.

La distorsione è ormai evidente a tutti, la stessa Germania sta acquistando consapevolezza che un ulteriore indebolimento a cascata dei maggiori paesi dell’euro, pregiudicherebbe la sua stessa solidità economica e finanziaria. Cina ed America, paradossalmente, sono preoccupate per le sorti di questa imperfetta Europa. La recessione produce calo nei consumi, il calo dei consumi riduce le produzioni e loro stessi non resterebbero quindi immuni da tale giro vizioso.
E’ anche sulla base di tali considerazione che, addirittura il Papa, Benedetto XVI, non più tardi di qualche mese fa, invocava “nuove regole globali”.
L’Europa unita, perché possa acquisire consistenza, solidità e quindi credibilità sufficiente per essere attore primario delle politiche globali, non potrà che munirsi di strumenti che davvero uniscano i popoli europei. E’ superata l’epoca dei trattati, oggi serve una carta costituzionale. E’ superata anche l’era delle direttive da recepire se come e quando si vuole, oggi sono necessarie politiche innanzitutto economiche e sociali “unitarie”. Servono hic et nunc, perché trovare la strada giusta per uscire dalla crisi non è più sufficiente. E’ necessario anche che venga percorsa subito. Insomma non un semplice cambio di direzione ma anche un cambio di passo.

Chi ricorda gli anni ’80 e ’90? Quelli in cui si incoraggiava la “finanza creativa”? La finanza che genera nuova finanza e quindi nuova ricchezza (e chi ricorda, solo per citarne una, le battaglie politiche e sindacali per sottrarre il TFR dalla disponibilità delle imprese in favore di fumosi e non sempre trasparenti Fondi Comuni di Investimento)? Chi oggi, tra gli attori sindacali e politici di ieri e di oggi, osa ricordarla?
La moneta è moneta. E’ un bene solido ed inerte fatto di carta o di metallo proprio come un sasso è fatto di pietra, non genera nulla da sola né tanto meno, a differenza della natura e dell’opera dell’uomo, si moltiplica e produce “valore aggiunto”. Al contrario, un uso distorto, imprudente, meramente speculativo, può generare trasferimenti di ricchezza da una parte all’altra impoverendo o arricchendo singole aree del mondo, in favore o a sfavore di interi ceti sociali mondiali. Forse è da queste semplici, anche banali considerazioni che si dovrebbe partire per elaborare un credibile e durevole progetto da offrire alle generazioni future.

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