…delle liberalizzazioni

Come sappiamo, liberalizzare attività economiche “protette” o comunque “regolamentate” dallo Stato, in linea teorica produce un beneficio “diffuso” per la collettività.
In Italia, un caso da prendere ad esempio è quello delle telecomunicazioni.
Con la liberalizzazione di questo settore, infatti (al di là della moltiplicazione di plusvalenze generate dai giochi di borsa attraverso vari passaggi di mano delle quote sociali Telecom), si è potuto effettivamente riscontrare un beneficio diffuso per la collettività. Le tariffe sono diminuite ed i servizi tendono ad essere sempre più competitivi per effetto della concorrenza. Addirittura, la telefonia mobile, allo scopo di acquisire nuove fasce di mercato, è entrata in concorrenza con la telefonia fissa e così è andato modificandosi lo stesso mercato di riferimento. I telefoni cellulari, strumenti inizialmente pensati per il lavoro o comunque per la popolazione attiva, oggi vengono utilizzati da vecchi e bambini quale strumento alternativo al telefono di casa. Merito della liberalizzazione certo, ma anche merito delle innovazioni tecnologiche registrate che di certo, non hanno lo stesso passo del legislatore.
Potremmo quindi dire che è stata l’innovazione tecnologica il vero motore di questo processo al quale i legislatori europei e mondiali non hanno che potuto adeguarsi regolamentando un mercato e non il contrario. E’ il processo naturale (l’invenzione) quindi, che pone la questione di una adeguata e moderna regolamentazione. Quando avviene il contrario, i risultati non sono così scontati o automatici e vediamo perché.
Perché i portatori di interessi nei mercati monopolistici (cosiddetti poteri forti) esercitano grosse influenze sui governi locali, al punto che quando si tenta di “aprire” ad una qualche forma di liberalizzazione, ad esempio incidendo marginalmente solo su determinati elementi del mercato liberalizzato, automaticamente si crea il fenomeno dei “cartelli”.
E’ quello che ritengo sia avvenuto per esempio, con la liberalizzazione (se così si può chiamare) della benzina. Le compagnie petrolifere, all’unisono, rettificano non solo i prezzi  ma propongono anche attività promozionali e politiche commerciali del tutto simili tra loro. Così facendo, non solo non si spiega alcun vantaggio diffuso per la collettività  ma si creano meccanismi tortuosi di “imbavagliamento” del mercato, al punto che lo stesso legislatore ha poi difficoltà  nel correggere.
Anche nel settore delle assicurazioni, dell’energia, dei servizi bancari, si patiscono difficoltà non dissimili. Si vorrebbero mercati più snelli, più competitivi ma allo stesso tempo, si fa poco o nulla perché veramente si realizzino le fondamenta per una “utile competizione” all’interno del mercato. Il costo dell’Rc auto aumenta indistintamente per tutte le compagnie, i costi dei servizi bancari sono allineati tra i principali attori del settore e, quanto all’energia, si sono create si, società in concorrenza tra loro ma le principali, ancora fanno capo allo stesso gruppo.


Cosa abbiamo registrato in quest’anno di governo Monti.
Il tema delle liberalizzazioni era materia principale per il Governo (come del resto lo è stato per tutti i governi precedenti), si sperava in una svolta decisiva, ma ancora una volta, evidentemente proprio per la pressione degli interessi forti di cui sopra, si sono prodotte norme del tutto inadeguate alle reali esigenze del Paese.
Ancora una volta ci si è accaniti contro tassisti, benzinai, farmacisti e notai. E’ un po’ come voler vedere il pelo e non la trave delle liberalizzazioni.

I tassisti.
Chi sono? Sono dei lavoratori, prevalentemente distribuiti tra Roma, Napoli, Milano, Torino e qualche altra città che non trovano certo mercato in tutta l’Italia. Quanto guadagna questa “casta”? Immagino guadagnino bene, potranno permettersi di mantenere i figli all’università, avranno pure qualche seconda casa, ma mi riesce difficile immaginarli milionari. A chi rivolgono i loro servizi? Ad un ceto sociale evidentemente medio alto, al cosiddetto ceto borghese. Pensiamo che aumentando il numero dei tassisti e riducendo così il costo delle tariffe, possa aumentare il mercato di riferimento? Che anche il pensionato, il cassintegrato o l’operaio possa godere di questo servizio? Io nutro qualche dubbio.

I benzinai.
Sono dei puri e semplici gestori. Gestiscono un impianto che di solito, è di proprietà della compagnia petrolifera. Se considero che non hanno la possibilità di mettere in pratica politiche commerciali autonome, di non poter decidere il prezzo di vendita ne tanto meno quello di acquisto e nemmeno di decidere quanta merce tenere in magazzino (la capacità dei serbatoi quella è),  che in pratica la loro attività si manifesta svolgendo funzioni di distribuzione ed esazione per ordine e conto delle compagnie, non riesco ad immaginare quale vantaggio possa produrre un’azione politica limitata al solo anello finale della catena petrolifera.

Le Farmacie.
Sforzandomi, voglio considerare i farmacisti una vera casta. E così facendo ci metto pure i notai.
Ma mi chiedo: Forse con un maggior numero di farmacie sul territorio sarò invogliato ad andarci più spesso? ...certamente no. Forse diminuiscono i prezzi per effetto di una maggiore concorrenza? Neanche, perché i prezzi vengono imposti dalle case farmaceutiche mica dal farmacista. Le medicine si comprano se ci si ammala punto. Così come l’auto continuerà ad essere un mezzo di trasporto essenziale per tantissimo tempo e tantissime persone, finché non matura una “naturale” necessità (associata ad una adeguata capacità politica) di realizzare imponenti progetti di mobilità collettiva così da assicurare servizi di trasporto pubblico efficienti.

I servizi resi dai Notai.
Idem come per i farmacisti. Quale maggior beneficio può portare alla collettività un aumento del numero dei notai, mica vendono il pane? Statisticamente è provato che un cittadino, si rivolge ad un notaio una o due volte nel corso dell’intera sua vita. Certo, svolgono gran parte dell’attività anche per le imprese ma forse si dimostrerebbe più efficiente una più attiva politica di “sburocratizzazione” (cosa che peraltro è già avviata) piuttosto che la demonizzazione di   di una i dimostrerebbe più efficiente una politica di sburocratizzazione"ino ifera. Svolgono anintere categorie professionali.

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