L’economia reale, come sappiamo, poggia le sue fondamenta
sulla produzione dei beni e sulla fornitura dei servizi.
Nel caso si riduca la domanda di servizi (e ciò non lo si
registra affatto per quelli rivolti alla persona), la produzione dei beni ne
risente in via marginale e comunque non immediato. Se però crollano le
produzioni, i servizi collassano e con loro, l’intero sistema economico (le
fabbriche chiudono i lavoratori vengono licenziati, i sussidi statali
aumentano, ecc…).
La prima è quindi, quell’attività prestata dalle imprese,
volta ad incrementare, in senso lato, i beni da immettere sul mercato. E’
quell’attività che crea valore (bene) aggiunto (la sua moltiplicazione).
La seconda, si manifesta offrendo servizi ai singoli
individui, alla collettività ed alle imprese.
Fatta questa premessa, appare evidente che una sana crescita
economica non può manifestarsi senza un corretto “bilanciamento” tra le due
attività.
Bilanciamento che si manifesta tenendo conto della domanda
di beni e della domanda di servizi, ivi compresi, come detto, quelli rivolti
alle imprese.
La fornitura di servizi, risulta quindi sussidiaria alla
produzione dei beni.
In linea generale, si può dire che è con la crescita della
produzione dei beni che aumenta la domanda di servizi (quelli rivolti alle
imprese ed alla collettività giacché quelli rivolti alla persona subiscono una
variabile autonoma).
Ancora, in una società sempre più invecchiata, aumenta sì,
la domanda di servizi alla persona, ma questa non si traduce necessariamente o automaticamente
in un vantaggio economico fruibile dall’intero sistema economico, se la
produzione dei beni viene fatta altrove.
Essa, per lo più, rappresenta un ulteriore onere per la
collettività e ciò spinge chi è chiamato al governo del Paese, a ridurne i costi.
Non dovrebbe essere proprio così.
I servizi sanitari, i trasporti pubblici, la scuola, le
forze dell’ordine sono definiti “servizi essenziali”. Un loro taglio
orizzontale ed indiscriminato, rischia di produrre tensioni sociali e nuovi
fenomeni migratori da aree di per sé già depresse, insomma favorisce la
formazione di “aree di vantaggio” laddove i servizi sono più efficienti
(generalmente le grandi città), in ulteriore danno rispetto a quelle aree
oggettivamente e geograficamente svantaggiate.
Non dovrebbe essere così.
Perché una linea politica di tagli indiscriminati ai
servizi, scoraggia ancor più la produzione dei beni (attività come abbiamo
visto, principale) proprio in quelle aree dove più se ne sente l’esigenza, condannando
così vaste aree del territorio al definitivo abbandono ed all'isolamento.
Come se ne esce.
Forse, razionalizzando e rafforzando i servizi. Operando cioè,
tagli laddove serve, usando però, il fioretto e non la sciabola. Tagliando il
superfluo e contestualmente dando ciò che invece serve. Le infrastrutture al
Sud, per esempio, sono la causa principale della depressione meridionale. Si
discute della inopportunità e della anti-economicità nell’avere 2 Hub
internazionali tra Roma e Malpensa mentre al Sud, la Calabria conta 3
aereoporti, la Campania
2, la Puglia
4, la Sicilia
addirittura 5, eppure non c’è un solo aeroporto degno della definizione “intercontinentale”.
In questo modo, apparendo evidente l’inefficienza della cabina
di regia nazionale, mi pare che lo spreco di danaro pubblico sia addirittura doppio
(in un area c’è spreco di risorse per eccedenza di infrastrutture in un’altra, lo
spreco si consuma per mancanza di progetti organici tra le diverse regioni e
funzionali alla crescita dell’intero territorio meridionale).
Volendo concludere, la politica degli ultimi anni,
purtroppo, non mi pare abbia considerato nella giusta attenzione, il
bilanciamento tra i due elementi dell’attività economica del Paese.
La produzione dei beni la si è lasciata “sfuggire dalle mani”,
lasciando che scivolasse addirittura verso quei Paesi extra europei dove il
costo della mano d’opera è infinitamente più basso mentre, “il cerino” della
fornitura dei servizi ci è rimasto in mano senza sapere che farne.
Avessimo affidato questi ultimi ai Paesi emergenti, anziché la
produzione dei beni, probabilmente, avremmo avuto ospedali più efficienti, infrastrutture
a bassissimo costo, un’alta capacità competitiva nel produrre beni ed infine,
una più favorevole integrazione razziale.
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