Facciamo il
punto. Il 9 novembre 2011 il prof. Monti viene nominato Senatore a vita, nell'arco di 24 ore gli viene affidato l’incarico di presentare il Governo e,
il mercoledì successivo, 16 novembre 2011, assume l’incarico di Presidente del
Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana.
Non ci è
riuscito perché la democrazia era sospesa, tutt'altro. E’ riuscito in questa
impresa perché tanto il Presidente della Repubblica, tanto il Parlamento, hanno
esercitato in pieno i poteri loro conferiti dalla Costituzione. Possiamo quindi
dire che tale performance è maturata grazie ad un uso eccezionale degli
strumenti tipici della democrazia.
Dovesse
fermarsi qui la sua esperienza, passerebbe alla storia per colui che ha
bruciato le tappe politiche più di ogni altro.
Di fronte
ad una crisi di governo, evidentemente
insanabile, il Presidente della Repubblica, non riuscendo ad individuare
nessun altro uomo, nessuna figura che potesse godere di una solida maggioranza tra
i ben 630 deputati e 315 senatori, si è visto costretto a ricorrere allo
strumento dei tecnici.
Monti,
sulla base di un preciso mandato, ha assicurato la rinegoziazione di ben 400
miliardi di euro nel brevissimo tempo di 6 mesi. 400 miliardi su una massa di
debito di circa 2000.
Non è stata
una cosa da poco, per fare un esempio, era come se una famiglia, esposta con un
mutuo decennale per 100.000 euro, fosse stata costretta a rientrare del 25 % in pochissimi mesi. Un
evento eccezionale che richiedeva strumenti eccezionali uniti a fermezza,
rigore, autorevolezza verso il creditore (i mercati).
Questo c’è
stato anche grazie a quella maggioranza anomala tra destra e sinistra che per
mero interesse di calcolo, soffrivano l’incubo delle elezioni anticipate.
A parer
mio, il prof. Monti ha potuto contare anche su un’altra maggioranza altrettanto anomala, trasversale a tutti i partiti. Quella
maggioranza costituita da quei deputati e senatori di prima nomina (circa un
terzo del Parlamento) che, per potersi garantire la maturazione della loro
“onorevole” pensione, consapevoli della loro mancata candidatura in caso di
nuove elezioni, avrebbero dato la loro fiducia a chiunque, prescindendo da ogni
valutazione politica. Insomma l’esercito dei Scilipoti.
Ai
principali partiti di riferimento, quindi, tornava comodo non impelagarsi in
responsabilità dirette che richiedevano azioni chiaramente impopolari così come
tornava comodo guadagnare il maggior tempo possibile per potersi rivestire di
quella credibilità ormai persa.
Chi ha ascoltato
il discorso di Natale del prof. Monti, ricorda, tra l’altro, che egli ammise la
durezza delle azioni adottate dal suo Governo, la loro imperfezione e
parzialità ma con altrettanta onestà intellettuale riconobbe che la sua
politica di riordino dei conti era solo una delle azioni necessarie
perché l’Italia si risollevasse. Ricordava
infatti che altre due azioni erano necessarie perché “il malato Italia
si stabilizzasse e ricominciasse a prendere nuove forze”:
una nuova
politica di sviluppo economico e le riforme istituzionali.
Tra queste
ultime, per la verità, il Parlamento avrebbe ben potuto (e dovuto) porre mano almeno alla riforma elettorale ma, ancora una
volta, gli interessi di bottega, in modo sfacciato, hanno prevalso sull'interesse generale.
Ci diceva
che, perché si possa cambiare definitivamente passo quindi, era necessario
sistemare la finanza, rilanciare l’economia e scrivere nuove regole attraverso
le riforme.
La prima criticità
l’ha assolta. Perché, mi chiedo, dovrebbe essere meno capace di un Bersani o di
un Berlusconi nell'affrontare le altre due fasi?
Quali
elementi oggettivi abbiamo noi perché si possa dubitare?
Al contrario, egli ha
avuto ragione proprio dove i suoi attuali competitori politici hanno fallito.
Accettando
la sfida della competizione elettorale (senza che peraltro ne avesse avuto
bisogno) oltre a farsi carico di dare risposte ai suoi elettori ed ai
cittadini, ha gettato credo definitivamente alle ortiche anche la più che
probabile ipotesi di vedersi nominare
Presidente della Repubblica così come gli veniva appalesato sia da destra che
da sinistra. Il prof. Monti, sotto l’aspetto personale, ha quindi già dato
prova di anteporre all'interesse generale del Paese a quello personale non
sottraendosi ad una campagna elettorale dall'esito assolutamente incerto.
Ed allora
perché cambiare precludendogli la possibilità di compiere appieno il suo
disegno di stabilizzare e migliorare così il paese?
Ecco, è da
queste considerazioni che mi viene in mente un vecchio proverbio napoletano che
recitava:
“a
chi mette l’uso ciecale nu occhio…… a chi o leva…..ciencacille tutte è duie”
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